giovedì 14 maggio 2015

Intervista a Valérie Tong Cuong, incredibile autrice del romanzo Perdonabile, imperdonabile

Buongiorno lettori dell'angolo!
Questa mattina ho saltato scuola per influenza intestinale, e quindi posso dedicarmi completamente al blog.
Ah, quanto mi mancava battere le dita sulla tastiera!

Allora, se mi seguite su Twitter sarete sicuramente a conoscenza di tutte le mie avventure, perché è uno dei social che uso veramente tantissimo per comunicare con voi lettori. Se non mi seguite su Twitter, correte a farlo, forza. Ecco il link: @angledeslivres

Comunque veniamo a noi.
Qualche tempo fa ho stretto collaborazione con la casa editrice Salani, e mie subito stato proposto di intervistare nientepopodimeno che la grandissima autrice Valérie Tong Cuong, scrittrice di Perdonabile, imperdonabile. Un romanzo che ho recensito ad inizio mese di maggio. Io ho subito accettato, comunque, la mia prima proposta di intervista. Non vi dico quanto ero in ansia, specialmente per due motivi: 1) era la mia prima intervista e 2) l'intervista doveva svolgersi in modo telefonico, con tanto d'interprete. E niente, alla fine, dopo aver inoltrato le domande alla ce mi è stato detto che, essendo troppe, le avrebbero poste loro all'autrice e che l'intervista non sarebbe più stata telefonica. Qui un primo sospiro di sollievo.
Ho inoltrato le domande la bellezza del 27 aprile, e il secondo sospiro di sollievo è arrivato ieri, insieme alle risposte di Valérie.
Ma passiamo subito all'intervista!

1. Ciao Valérie, sono molto onorato di averti nel mio blog L’angolo dei libri. Dimmi, come stai? Bene, grazie.

2. Partiamo subito con l’intervista, e parliamo del tuo nuovo romanzo: Perdonabile, imperdonabile. Spiegaci com’è nata l’idea del libro. L'idea che ha ispirato la nascita di questo romanzo è stata quella di voler condividere con i miei lettori un'esperienza personale, quella cioè di perdonare per liberarsi da un peso. Ho scelto quindi di raccontare quanto sia importante il perdono all'interno di una famiglia. Per me, come per i protagonisti del mio libro, il perdono ha rappresentato una liberazione e mi ha permesso di vivere con maggiore pienezza.

3. Qual è, all'interno del libro, il personaggio in cui ti rispecchi di più? In chi hai messo più di te? C'è qualcosa di me in ogni personaggio. Mi è capitato di essere una madre esigente con figli come Lino. Ma mi ritrovo più in Marguerite e Céleste, a seconda delle diverse fasi della mia vita.

4. A questo punto ti chiedo: se dovessi scegliere un personaggio di Perdonabile, imperdonabile e passarci 24 ore inseme, chi sarebbe e cosa fareste? E' interessante come lui aiuta ogni membro della famiglia a modificare il proprio punto di vita. Ma sono certa che una persona non scelga per caso di riparare i corpi e le anime e nemmeno di attraversare un oceano per guadagnarsi da vivere. Io vorrei che mi raccontasse tutte queste cose. Inoltre è molto bravo a fare i cocktail e a cucinare piatti brasiliani. Cosa si può volere di più?

5. Tutti e quattro i personaggi del tuo romanzo si sentono in colpa per l'incidente capitato a Milo. A tal proposito ti chiedo: hai qualche senso di colpa letterario che ti insegue come un incubo? Il senso di colpa è uno dei sentimenti più frequenti e diffusi, benché talvolta ingiustificato. È uno dei sentimenti che provo anch'io e forse costituisce una specie di motore della mia attività, ma non è il solo. Osservo che spesso si fa confusione tra senso di colpa e responsabilità, una confusione che capita anche a me di fare.

6. Credo che quello di Lino sia uno dei personaggi più dinamici del romanzo. Ti sei ispirata a qualcuno per la sua creazione, oppure è saltato fuori dalla tua mente? (Sentiti pure libera di non rispondere, se dovesse risultare una domanda troppo personale.) Tutti i miei personaggi sono un mix delle mie esperienze e dell’osservazione delle persone che ho incontrato. Nel caso di Lino direi che mi sono ispirata al ramo materno della mia famiglia: operai che hanno dovuto combattere per sopravvivere e che hanno conosciuto l’umiliazione. Mia madre è stata infatti accettata ob torto collo dalla famiglia di mio padre poiché apparteneva a un ceto sociale inferiore.

7. Sempre parlando di Lino sappiamo quanto è importante per lui la scuola e lo studio. Cosa ne pensi tu, invece, dei genitori che impongono ai figli uno studio rigido e quasi oppressivo? Questi genitori proiettano le loro angosce sui figli. La paura della crisi, la paura di non riuscire a tenere il passo. Quando i genitori sono punitivi più che incoraggianti, i ragazzi crescono nella paura e da grandi non saranno degli adulti equilibrati. Questo non significa che si debba lasciare i figli a loro stessi: i bambini preferiranno sempre il gioco all’impegno. Ma è sempre una questione di misura e soprattutto bisogna convincerli che studiano per loro stessi, per il loro interesse, per diventare un uomo o una donna liberi.

8. Dal testo evince un leggero, ma comunque costantemente presente, linguaggio medico. Niente di difficile o di incomprensibile, ma ti chiedo: hai dovuto fare qualche ricerca per informarti sugli argomenti, oppure avevi già tali conoscenze? Ho fatto alcune ricerche e verificato i tratti generali con dei professionisti.

9. Voglio ritornare un attimo a Lino: è il personaggio che più mi ha sorpreso! Lui si chiede: "Il dolore poteva trasformarmi in un mostro?" Ecco, a tal proposito, ti chiedo cosa ne pensi della cattiveria come reazione al dolore. È l’espressione della rabbia. Quindi un’emozione incontrollata, non elaborata. Come se far del male all’altro potesse darci sollievo. Non può, e se ci riesce è per pochissimo. Questa pietosa quanto transitoria sensazione di sollievo è legata alla sensazione di non essere più i soli a soffrire. È anche una reazione di difesa istintiva che poggia sull’assioma: la miglior difesa è l’attacco. Ovviamente è un errore. Perché non solo il sollievo – se c’è stato - svanisce in fretta, ma dopo si sta ancor peggio. Infatti si deve vivere con il senso di colpa e la coscienza di avere fatto del male, di essere stati capaci di cattiveria. Nessuno (ad eccezione forse dei casi psichiatrici seri) ha voglia di pensare di essere cattivo, malvagio, crudele. Tutti hanno voglia di essere “persone per bene”!


10. Facciamo un salto nel tempo. Adesso sei una nota scrittrice, ma com'è stato all'inizio? Che emozioni hai provato nello scrivere e poi pubblicare il tuo primo libro? All’inizio mi sembrava che stessero parlando di qualcun altro. Ammiravo tantissimo gli scrittori! Poi mi è sembrato di vivere un momento magico, uno stato di grazia. Ho capito che avevo avuto una fortuna incredibile ad avere trovato un editore e vedere il mio testo diventare un libro.

11. Cosa o chi ti ha spinto a pubblicare? Ma soprattutto cosa è cambiato da quando eri ancora un'emergente? È stato mio marito a spingermi a pubblicare. Scrivevo senza dirlo a nessuno, nemmeno a lui. Quando lo ha scoperto, si è messo a leggere e gli è talmente piaciuto che mi ha convinta a spedirlo agli editori. Questo ha cambiato qualcosa di fondamentale: ora scrivo sapendo di essere letta. Con i miei lettori si è creato un legame forte, una condivisione. Libro dopo libro il numero dei miei lettori aumenta dando un senso al mio lavoro. Inoltre il fatto di essere riconosciuta come scrittrice è preziozissimo, mi permette di ottenere un’attenzione più immediata da parte dei librai, dei media, degli stessi lettori…un circolo virtuoso.

12. Che ne dici di dare un consiglio a tutti gli scrittori emergenti e aspiranti scrittori che leggeranno quest'intervista? Che scrivano ciò che sta loro a cuore. Che non si pongano mai la domanda: cosa si aspetta il pubblico? Ma piuttosto: cosa ho io da raccontare? Che scelgano bene il loro editore. Meglio un piccolo editore che creda fermamente in voi e la cui linea editoriale sia in sintonia con il vostro lavoro, che una grande casa editrice che vi affonderà nel mare di tutti gli altri libri.E poi che non si scoraggino troppo in fretta se non trovano un editore: la storia della letteratura è disseminata di esempi di successi arrivati dopo infiniti di rifiuti. Idem se un libro non riscuote successo. È una cosa che prima o poi capita a tutti gli scrittori, per varie ragioni. Bisogna accettarlo e ricordare che il libro ha spesso una seconda vita grazie alle edizioni tascabili.

13. Adesso torniamo al presente: so che sei anche una musicista. La tua vita ruota intorno a queste due professioni che sono la musica e la scrittura, oppure c'è dell'altro che ti appassiona? Ho smesso con la musica a seguito di un serio problema alle corde vocali. La scrittura resta la colonna vertebrale della mia vita ma sono curiosa di tutto. In particolare mi interessano la psicologia, la psichiatria, le neuroscienze e la spiritualità. Non va inoltre dimenticato che sono moglie, e madre di quattro ragazzi che sono la mia priorità assoluta. Tuttavia tengo sempre a mente le parole di una grande pediatra: una buona madre è una madre serena, non una madre che si sacrifica. Bisogna realizzare il proprio cammino personale essendo sempre presenti ai propri figli.

14. Tornando al libro: preferiresti una menzogna a fin di bene, oppure una verità scomoda ma pur sempre la verità? Non tutte le verità sono da tacere a meno che non riguardino esclusivamente voi e non abbiano alcuna incidenza negativa sugli altri. Ad esempio, è più delicato inventarsi una malattia per evitare un invito indesiderato che dire a chi ti invita che la sua serata non ci va proprio. Lo feriremmo inutilmente. Ma se la verità coinvolge gli altri, è importante riuscire a dirla, e i segreti di famiglia rientrano in questa categoria. Chiaramente ci sono momenti e momenti. Bisogna che l’altro sia pronto ad ascoltare. Io mi sono trovata due volte in questa situazione. In entrambi i casi ho atteso anni prima di parlarne. A quel punto i miei interlocutori erano abbastanza anziani e c’era sufficiente distanza rispetto ai fatti che potevano starmi ad ascoltare. Ciò detto, non scordiamoci mai che il concetto di verità è delicatissimo. Quindi è sempre meglio parlare di fatti da svelare o da nascondere; perché ognuno di noi ha una propria verità.

15. Invece, preferiresti vivere un futuro condizionato dal passato, oppure cancellare completamente il passato e vivere un futuro vergine? Primo, non è possibile cancellare il passato, ma comunque non avrebbe senso. Questo passato ci costituisce. Siamo cresciuti grazie agli insegnamenti, benché talvolta brutali, che abbiamo tratto dalle nostre esperienze di vita. Sono gli inconvenienti e le difficoltà della vita a farci crescere e andare avanti.

16. Questa era l'ultima domanda! Ti ringrazio ancora una volta, Valérie, per essere stata disponibile per quest'intervista. Ti auguro un futuro felice, e una carriera favolosa! Grazie infinite per questa intervista molto interessante!


L'intervista è così giunta al termine.
Per il buon esito di questa ringrazio di vero cuore Simona Scandellari, responsabile dell'Ufficio Stampa Salani che mi ha subito proposto l'intervista e che, nonostante i miei mille dubbi e le mie centinaia di email, è sempre stata gentile e cordiale.
Inoltre ringrazio anche Susi del blog Bookish Advisor per la sua disponibilità, e per avermi aiutato nella revisione delle domande.
Infine ringrazio la carissima scrittrice che ho intervistato, Valérie Tong Cuong per aver speso del tempo per il mio angolino.

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